Me ne stavo seduta davanti alla finestra aperta, lo sguardo perso verso un luogo lontano, apparentemente invisibile, eppure così vivo e reale nei miei ricordi.
Il vento soffiava polvere grigia e calda tristezza, ma le mie narici percepivano solo rose e gelsomino...non avrei mai dimenticato quel giardino.
Il mio posto incantato!Così lo chiamavo...
Era la panchina che lo sovrastava dall'alto a renderlo così speciale; lo dominava, ma con una gentilezza tale, da incantare chiunque desiderasse sedervisi per ammirare l'angolo di Paradiso posto ai suoi piedi. Era peccato avere un angolo di Paradiso ai propri piedi? Probabilmente sì...o almeno, sembrava esserlo per me.
Quel ricordo risaliva a galla prepotentemente ogni volta che la realtà si rendeva insostenibile,come a volerla rendere più dolce, o meno amara...come in quel momento.
Guardavo gli infissi arrugginiti della mia stanza...la mia prigione. Sul comodino, il libro del Cantico spirituale...lo stesso che avevo letto per la prima volta rannicchiata in quel mio posto incantato. Ma oggi l'usignolo era in lutto...nessun cantico d'amore saliva dal suo cuore...solo silenzio.
Il pensiero di ciò che non sarebbe più stato, che mai sarebbe accaduto per me, contribuiva a scavare un solco più profondo nel mio petto...la voragine dove avrei dovuto per sempre seppellire quell'immagine di me. Come di mattina quando ti svegli, e del sogno che hai appena lasciato non resta che un ricordo sfocato ed inafferrabile, così la mia mente vanamente s'illudeva di catturare ciò che beffardamente le fuggiva.
Ma mentre lacrime brucianti scendevano copiose sul mio viso, il ricordo del mio Paradiso personale riapparve nella mente...come oasi di pace nel deserto dell'abbandono. Una musica l'accompagnava, ed una frase..."Questa musica è per le donne che hanno negli occhi la memoria del mondo...quelle donne che sembrano qualcuno che non possono essere" .
Angelik@mente